Eventi di inondazione catastrofici in Sicilia

on Febbraio 3 | in focus | by | with No Comments

Dal nostro catalogo storico degli eventi di frana e di inondazione che hanno prodotto danni alla popolazione abbiamo selezionato alcuni degli eventi più catastrofici occorsi in Sicilia. A partire dall’alluvione del 1557, che colpì la città di Palermo causando migliaia di vittime, molti eventi si sono susseguiti fino ai giorni nostri. I dati indicano che i morti e i dispersi per inondazione in Sicilia sono stati oltre 7.750 e gli sfollati e i senzatetto oltre 12.000. Tra gli eventi alluvionali più antichi si ricordano quello del 26 novembre 1666 che causò vittime a Palermo, l’alluvione di Messina del 31 gennaio 1763, e l’alluvione di Modica dell’ottobre 1833.

Distribuzione temporale degli eventi con conseguenze
per la popolazione in Sicilia dal 1900 al 2013
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Di seguito riportiamo le descrizioni di alcuni degli eventi alluvionali storici più catastrofici in Sicilia. Le informazioni sono state ottenute da diverse fonti sul web.

27 settembre 1557
Ore 20. Palermo è devastata da un’ alluvione che fa migliaia di morti e provoca gravi danni alla struttura edilizie e all’economia della città. — L’ occasionale rinvenimento della relazione di Pietro Agostino, Maestro razionale del Regno, umanista e collezionista di antichità, inviata al viceré Juan de la Cerda duca di Medinaceli il 7 ottobre 1557, permette di ricostruire l’ evento, e di comprenderne l’impatto sulla città. Agostino inizia il suo racconto delineando le cause idrogeologiche che hanno provocato l’ inondazione. Le acque meteoriche da Monreale s’ incanalarono nella depressione che porta alla fossa della Garofala (viale delle Scienze) e scesero nell’ avvallamento posto nei pressi della chiesa di Nostra signora de Ytria o della Pinta (Porta di Castro) da dove, utilizzando una canalizzazione sotterranea (Condutto di maltempo), giunsero sino alla chiesa di San Sebastiano e al piano del Tarzanà per riversarsi in mare. Il Senato di Palermo, conscio del pericolo, aveva costruito nel 1554 un muro-diga a due miglia dalla città all’ altezza del ponte di Corleone per intercettare le acque che scendevano da Monreale e scaricarle nel fiume Oreto. La messa in sicurezza di quest’ area della città è legata alla fase espansiva economica e demografica che caratterizza la Palermo del Cinquecento. Nel 1505 gli abitanti della città ammontavano a 25 mila anime, mentre nel 1570 saranno 70 mila. Un motore di crescita formidabile che promuove un rinnovamento della struttura urbana cittadina. Palermo si accinge a diventare una città rinascimentale al pari delle altre realtà urbane italiane ed europee. Bisogna recuperare aree destinate all’ edilizia abitativa, come quelle che insistono nell’ area del Kemonia, tradizionalmente sottoposte a inondazioni in caso di maltempo, marginali rispetto alla città medievale felicemente collocata su uno sperone roccioso che la mette al riparo dalle alluvioni. Bisogna favorire la lottizzazione e la speculazione edilizia poiché la città ha fame di spazi edilizi. Un evento meteorico eccezionale mette in crisi sia il muro-diga, sia i palazzinari. Tra il 21 e il 22 settembre 1557 inizia a piovere senza alcuna pausa sino al 27 quando le precipitazioni s’ intensificano rovesciando sulla città e il contado «acqua senza fine et cum vehemenzia extrahordinaria». Il muro-diga di ponte di Corleone non riesce a contenere la piena e l’ acqua scolma verso la fossa della Garofala e si accumula nella depressione sotto le mura della città sino a toccare i quattro metri di altezza. Al tramonto del sole del 27 le precipitazioni assumono le caratteristiche di un nubifragio e il muro-diga cede. L’ onda di piena con il suo carico di fango e detriti si riversa verso la città «con multa furia» e intorno alle 20 colpisce le mura all’ altezza della chiesa dell’ Ytra, spesse un metro e ottanta, come un maglio provocando una breccia lunga quarantaquattro metri e alta quattro (ampia circa 176 metri quadri) spandendone i detriti per un’ area di circa 80 metri. Testimoni impotenti alcune persone che erano sugli spalti del palazzo reale che non poterono fare altro che gridare il loro terrore mentre crollavano la chiesa dell’ Ytria e cinquecento case «de novo fabricate» travolgendo tutti gli abitanti. L’ onda di piena si riappropria del corso del Kemonia continuando il suo percorso sino a Ballarò e allagando la piazza che insiste sul fronte della chiesa del Carmelo. Prosegue per Rua Formaggie la Ferraria (via dei Calderari) danneggiando il monastero della Martorana e quello della Moschitta oltre a far crollare molte case. Incanalandosi per la via dei Lattarini l’ acqua si divide in più braccia: una parte allaga la Vucciria vecchia, mentre un’ altra distrugge i magazzini di frumento vicino la chiesa di Nostra signora della Misericordiaei depositi di legname. Le travi trasportate dalla furia della piena martellano come degli arieti le case e le botteghe della Loggia (il cuore pulsante della finanza palermitana) e ne fanno crollare quattordici. L’ onda di piena s’ incanala, quindi, nella strada della Merceria per dirigersi verso la Cala dove, abbattendo le mura vicino alla Dogana vecchia, esaurisce la sua corsa devastatrice gettandosi in mare. La massa d’ acqua che si è riversata nelle strade della città è imponente dato che raggiunge nelle strade coinvolte un livello che oscilla tra un metro e mezzo e tre metri. Le prime luci dell’ alba illuminano una città devastata e invasa dal fango e dai detriti: i cadaveri giacciono nelle strade, nelle chiese, sotto le macerie e nel mare, dove galleggiano accanto alle carogne degli animali sorpresi nelle stalle. Agostino riesce a descrivere l’ orrore di quell’ evento con poche ed efficaci parole: «horribile la obscurità della notte, li terremoti delle case che cascavano, li stridi de li homini, li ululati delle donne et lo spavento della morte con la continua pioggia». Il maestro Razionale fa un bilancio dei danni subiti dalla città: le vittime sono almeno duemila, gli animali da soma morti superano le 200 unità. La stima dei danni è di duecentomila scudi computando un migliaio di case completamente distrutte, oltre tremila salme di frumento irrecuperabili, merci, tessuti, arredi di numerose case scomparsi nel fango. Il Pretore e i giurati palermitani organizzarono i soccorsi ripulendo le strade, puntellando le case pericolanti e, soprattutto, facendo seppellire i morti. Un vero e proprio flagello di Dio che il cardinale di Palermo esorcizza imponendo tre giorni di penitenza, confessioni, digiuni e partecipazione a processioni.  Fonte: Repubblica.it
25 e 26 Settembre 1902
Nella notte fra il 25 e il 26 Settembre 1902, in meno di mezz’ora, a Modica avvenne una delle più gravi inondazioni che la memoria del paese ricordi: pioveva da oltre ventiquattro ore. Il 25 Settembre, la furia dell’acqua devastò le campagne del modicano, distruggendone i raccolti, allagando i campi e le strade. Alle quattro e venti, il volume della pioggia, si dilatò spaventosamente. I torrenti Pozzo dei Pruni e Jannimauro, con furia inaudita, mandavano giù un’immensa quantità di acqua, particolarmente il Pozzo dei Pruni (che era alimentato da un bacino di diciassette kmq con pendenza del trenta per cento) iniziò la folle corsa a sette chilometri da Modica. Man mano che si avvicinava raccoglieva le acque in piena del Passo Gatta, Cava Fazio e della Vaccalina come un imbuto; il dislivello era di oltre centocinquanta metri. Il torrente Pozzo dei Pruni piombò alle spalle della Chiesa di Santa Maria di Betlem con un fronte d’acqua di oltre undici metri di altezza a circa cinquanta Km l’ora. Il Ponte della Catena crollò senza resistenza, le prime case di abitazione furono spazzate via come se fossero state di carta; la Chiesa di S. Maria si riempì di acqua melmosa per un’altezza di tre metri e cinquanta. Nel palazzo dirimpetto alla Chiesa, l’acqua sfondò i balconi, allagando le stanze, dove lasciò un metro di fango; le colonne dei Ponti Pilera (gli attuali Ponti Pulera) si incrinarono paurosamente e l’Atrio Comunale si riempì di acqua per un’altezza di tre metri. Ma le acque non si arrestarono, continuarono l’opera distruttrice e devastante; l’alveo coperto di Piazza San Domenico scoppiò e l’acqua raggiunse i dieci metri di altezza dal letto dell’alveo. In prossimità del “Ponte Stretto” le acque del Pozzo dei Pruni e dello Jannimauro fecero innalzare la fiumana che si riversò sulla Via Santa Marta (attuale via V. Veneto). Erano le quattro e quaranta del mattino del ventisei Settembre 1902, il bilancio della tragica alluvione fu pesantissimo: centododici vite umane furono stroncate; i danni alle costruzioni urbane e alle campagne erano incalcolabili. La notizia di questa tragedia ebbe una vastissima eco sull’intera nazione che rimase attonita e commossa dinanzi alla sciagura di tali dimensioni. Si costituirono, in tutte le regioni d’Italia comitati spontanei pro-Modica da Milano a Firenze, a Palermo che raccoglievano denaro, medicinali, indumenti, biancheria e quant’altro avesse potuto alleviare la sofferenza di chi aveva perduto tutto. Fu una commovente gara di solidarietà cui parteciparono anche le città di Novara, Cortona, Fiesole, Cesena, Sesto Fiorentino, Jesi, Loreto, Belluno, Avellino, Macerata ed Udine. Anche in altri centri della Sicilia si formarono i comitati pro-Modica: Catania, Agrigento, Trapani, Lipari, Caltagirone, Francofonte, Montevago, Mazara e Patti. La strage che l’alluvione aveva fatto nel quartiere “Sbalzo” fece saltare all’occhio attento dei milanesi e dei palermitani la situazione degli aggrottati. Milano e Palermo strinsero un patto che portò al miracolo finanziario, per sanare una millenaria ignomia. Nell’arco di un anno fu costruito un quartiere, che ancor oggi viene chiamato Milano-Palermo, con sessanta appartamenti ed un asilo infantile, che fu aperto alla metà di Dicembre del 1904, destinato ad accogliere i bambini delle famiglie del quartiere.  Soltanto lo Stato non intervenne come se la faccenda non lo riguardasse, se non con una modesta elemosina di settemilalire. Fonte: ModicaOnline.com
21 - 23 febbraio 1931
Resteranno impressi nella memoria dei palermitani come “i giorni dell’alluvione”. Un’intensa area depressionaria, con minimo di circa 1000 mb posto sulla Sicilia, ha provocato 50 ore di incessante nubifragio sulla città di Palermo con il conseguente straripamento dei principali corsi d’acqua e con un sensibile innalzamento della superficie piezometrica. Il disastroso evento del 1931 ha provocato ingenti danni al patrimonio monumentale cittadino oltre a 15 vittime e oltre 25 feriti; secondo la cronaca dell’epoca la struttura ciclonica è stata preceduta da un paio di giornate di forte scirocco (sin dal venerdì) seguito da violento maltempo. Si ha infatti notizia di fortissimi temporali al Nord Italia nei giorni precedenti l’alluvione palermitana. Le province più colpite risultano essere quella di Palermo in primis, poi Trapani, Caltanissetta, Enna ed Agrigento; dunque tutto il settore centro-occidentale dell’Isola. Gli allagamenti in quei giorni a Palermo non si contavano più. Le zone più interessate risultarono essere il Piano dell’Ucciardone, o Vallone del Maltempo, l’area della Cala, il corso del fiume Papireto e del Kemonia e l’area circostante il Fiume Oreto.  Fonte: MeteoSicilia.it

Il ponte di barche per attraversare Corso Alberto Amedeo (anche immagine di anteprima).
Foto tratta da “Dell’Alluvione di Palermo, dal 21 al 23 febbraio 1931, Toti Cerami-Termini (1966)

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Settembre 1965
La città di Trapani ed altri comuni della provincia subirono una violenta alluvione che causò la distruzione di ponti, strade, case e delle poche industrie esistenti (da un rapporto alla Camera dell’ onorevole Montani. L’alluvione causò 14 morti e feriti. Nel pomeriggio del 5 novembre 1976 la provincia di Trapani fu nuovamente investita da una violentissima alluvione che in poche ore provocò l’allagamento della parte nuova della città di Trapani e danni ingenti in varie località della provincia. Il bilancio fu di 18 vittime oltre a 30 feriti e di ingenti danni alle strutture abitative ed alla rete viaria in tutta la provincia. Fonte: TrapaniNostra.it

La mappa riportata in basso mostra la distribuzione geografica delle località colpite da eventi di inondazione che hanno prodotto vittime (morti, dispersi, feriti), sfollati e senzatetto in Sicilia. La dimensione dei simboli indica l’intensità dell’evento, misurata dal numero di vittime,  sfollati e senzatetto.
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