Zone di Allerta

Il sistema dei Centri Funzionali di Protezione Civile, coordinato dal Dipartimento della Protezione Civile (DPC), ha suddiviso il territorio nazionale in 134 “Zone di Allerta” (ZA) di protezione civile (come da aggiornamento del 2 agosto 2012).
Le ZA rappresentano ambiti omogenei per la risposta meteo-idrologica del territorio in occasione di eventi o fenomeni meteo-idrologici. Il numero delle ZA varia da regione a regione, con un minimo di due ZA in Trentino–Alto Adige e di tre ZA in Basilicata, Molise e Friuli Venezia Giulia, sino a un massimo di 25 ZA in Toscana.
A tale scopo, l’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica (IRPI) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Centro di Competenza (CC) di protezione civile, ha redatto apposite schede informative per ciascuna delle 134 ZA.
Le schede forniscono una visione globale (nazionale) per quanto possibile omogenea, ancorché certamente non esaustiva o definitiva, delle caratteristiche della franosità e della pericolosità da frana in ogni ZA. Le schede danno inoltre informazioni sintetiche sull’impatto che le frane hanno avuto sulla popolazione nel periodo 1950-2011.
Con il riferimento alla pericolosità si tenta di contribuire oltre che alla definizione di “dove” possono avvenire le frane (suscettibilità), anche a fornire informazioni ed elementi utili, sebbene non esaustivi, alla definizione di “quando” possono avvenire le frane e di quale sia l’impatto atteso dei fenomeni franosi, in particolare sulla popolazione.

Limiti di utilizzo
Le informazioni riportate nelle schede hanno l’obiettivo di fornire ad un operatore di protezione civile, e in particolare ai tecnici che operano nel Centro Funzionale Centrale (CFC) del DPC, informazioni sulle caratteristiche della franosità attesa in ciascuna ZA. Le schede non devono essere utilizzate per la valutazione delle condizioni di pericolosità, di vulnerabilità, o di rischio di un singolo sito o area geografica. Nell’utilizzare le schede vanno tenuti presenti i limiti connessi alla qualità (tra cui, risoluzione, scala, legenda, copertura geografica e temporale), alla completezza delle fonti disponibili e consultate, alle tecniche ed agli strumenti utilizzati per la loro preparazione, organizzazione e diffusione.
Bibliografia
Cruden D.M., Varnes D.J. (1996) Landslide types and processes. In: A.K. Turner, R.L. Schuster (eds.), Landslides: Investigation and Mitigation, 36–75, Transportation Research Board Special Report 247, National Academy Press, WA, USA. WP/WLI (Working Party on World Landslide Inventory) (1993) A suggested method for describing the activity of a landslide. Bulletin International Association Engineering Geology, 47: 53–57.
Fonti d'informazione
Carta Geologica d’Italia (CGI), realizzata dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) – Servizio Geologico d’Italia (SGI), e dalle Regioni e Province Autonome, a scala 1:500.000. Discover Italia, portale turistico dell’Istituto Geografico De Agostini. Geoportale Nazionale (GN), realizzato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, iniziativa che permette la visualizzazione e l’utilizzo della cartografia di base nazionale, prodotta a seguito dell’accordo integrativo tra Stato – Regioni del 12 ottobre 2000 sul Sistema Cartografico di Riferimento. Sistema Informativo sulle Catastrofi Idrogeologiche (SICI), ideato dal Gruppo Nazionale per la Difesa dalla Catastrofi Idrogeologiche (GNDCI), del Consiglio Nazionale delle ricerche (CNR),  realizzato e gestito dall’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica (IRPI) del CNR; il sistema fornisce dati e informazioni sul dissesto idrogeologico, ed in particolare su frane e inondazioni avvenute in Italia.

Contenuti delle schede

Le schede delle Zone di Allerta sono organizzate in sezioni contenenti informazioni sintetiche sui caratteri geografici e ambientali, litologici, morfologici, di franosità e di pericolosità da frana. Le schede riportano notizie storiche sui principali eventi di frana occorsi nelle ZA, e osservazioni sulla qualità, completezza e omogeneità delle informazioni disponibili per ciascuna ZA. Infine, le schede riportano una valutazione critica soggettiva delle informazioni utilizzate per la loro compilazione.

Informazioni sintetiche
Tali informazioni descrivono ogni ZA con un codice area, una denominazione, la Regione di appartenenza, l’estensione, la quota altimetrica minima e massima, la prevalenza litologica e morfologica.
Informazioni geoambientaliInformazioni geoambientali
La prima sezione della scheda raccoglie informazioni sugli elementi geografici e ambientali presenti nella ZA. Nella sezione sono indicati: (i) i principali fiumi, laghi, rilievi montuosi, e coste; (ii) i maggiori centri abitati; (iii) le principali vie di comunicazione (autostrade, strade di grande comunicazione, ferrovie); (iv) la presenza di porti e/o aeroporti; e la (v) la presenza di aree naturali protette. Le informazioni geografiche e ambientali riportate nelle schede sono state desunte da Google Earth e da Discover Italia, portale turistico dell’Istituto Geografico De Agostini.
Domini litologiciDomini litologici
La seconda sezione della scheda raccoglie informazioni sulle caratteristiche litologiche delle rocce e dei terreni affioranti nella ZA. Nella sezione sono descritte le principali litologie affioranti, con indicazioni sulla loro abbondanza e distribuzione geografica. Per la definizione delle litologie affioranti è stata utilizzata la Carta Geologica d’Italia, a scala 1:500.000, prodotta e distribuita dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) – Servizio Geologico d’Italia (SGI). La Carta è stata scelta perché copre l’intero territorio nazionale in modo sufficientemente omogeneo e con una adeguata risoluzione e accuratezza geografica e tematica, e perché è stata realizzata adottando criteri affidabili. La Carta riporta informazioni cartografiche (geografiche) e tematiche (geologiche) relative a 129 unità geologiche. Per ogni unità geologica la Carta fornisce informazioni relative: (i) al tipo di roccia o terreno affiorante (ignea, metamorfica, sedimentaria, materiale sciolto), (ii) ai caratteri geo-litologici della formazione di appartenenza (depositi lacustri e fluvio-lacustri, unità arenaceo-marnose, unità argillose torbiditiche, calcari organogeni, calcari e calcari marnosi, graniti e granodioriti, micascisti, ecc.), e (iii) all’età delle rocce e dei terreni affioranti. Per gli scopi del lavoro, le 129 unità geologiche presenti nella Carta sono state raggruppate in 16 “Domini Litologici”. L’accorpamento è stato effettuato considerando i caratteri geo-litologici delle rocce e/o dei terreni affioranti. Le unità geologiche riferibili a conglomerati, arenarie e argille (prevalentemente lacustri e fluvio-lacustri) sono state accorpate nel dominio litologico dei “depositi lacustri e fluvio-lacustri”. Nel dominio sono attesi prevalentemente scivolamenti e scivolamenti-colata superficiali, generalmente di piccole dimensioni, con estensione areale anche inferiore a un ettaro. Lungo i versanti poco acclivi, coltivati e non coperti da vegetazione arborea, possono verificarsi frane tipo soil-slip che coinvolgono il suolo. Le unità geologiche argillose e marnose sono state suddivise in base alla loro struttura, distinguendo quelle prevalentemente stratificate da quelle caotiche. Le prime sono state accorpate nei domini litologici del“complesso argilloso” e delle “marne”, le seconde nel dominio “caotico, melange”. Nei domini litologici “complesso argilloso” e “marne” le frane attese sono prevalentemente le colate di terra (earth flow) e gli scivolamenti-colata, la cui distribuzione e dimensione sono condizionate dall’assetto locale della stratificazione e dalla presenza e dall’assetto di fratture e faglie. Nel dominio “caotico, melange” sono attesi prevalentemente scivolamenti-colata anche di grandi dimensioni, associati a colate di terra e a scivolamenti superficiali e profondi. I depositi clastici (arenarie, conglomerati, sabbie), talora con marne e argille, sono stati accorpati nel dominio litologico dei “sedimenti clastici”. Nel dominio sono attesi prevalentemente scivolamenti rotazionali e colate, queste ultime in presenza di materiali fini. Nei pendii più acclivi (ad esempio, lungo scarpate fluviali o orli di terrazzi) sono anche attesi crolli e ribaltamenti. Le unità geologiche terrigene stratificate costituite prevalentemente da arenarie, marne ed argille, sono state accorpate nel dominio litologico delle “torbiditi”. Nel dominio sono attesi prevalentemente scivolamenti, scivolamenti-colata e colate di terra, superficiali e profonde. Le frane superficiali hanno estensione generalmente inferiore all’ettaro, e coinvolgono il suolo e le coperture eluviali. Le frane profonde hanno estensioni che possono superare il chilometro quadro, coinvolgendo il substrato roccioso con volumi considerevoli. Le unità geologiche carbonatiche, massive o stratificate, sono state accorpate nel dominio litologico delle “rocce carbonatiche”. Nel dominio sono attesi prevalentemente crolli, cadute massi, valanghe di roccia e colate di detrito. Scivolamenti, scivolamenti-colata e colate di terra sono possibili, ma meno frequenti. Nel dominio è nota la presenza di deformazioni gravitative profonde di versante. Le unità geologiche appartenenti alle ofioliti e alle pietre verdi, e quelle caratterizzate da metabasalti, serpentiniti, gabbri e peridotiti, sono state accorpate nel dominio litologico delle “ofioliti”. Nel dominio sono attesi prevalentemente crolli, ribaltamenti, cadute massi e scivolamenti in roccia, in particolare la dove la fratturazione del substrato roccioso è particolarmente intensa. Nel dominio è nota la presenza di deformazioni gravitative profonde di versante. Le unità geologiche di tipo magmatico appartenenti alle rocce effusive (vulcaniche) sono state accorpate nel dominio litologico delle “lave, ignimbriti, piroclastiti”. Nel dominio sono attesi prevalentemente crolli, ribaltamenti, cadute massi e scivolamenti in roccia lungo i versanti più acclivi e le pareti di rocca. Colate detritiche e colate rapide di terra sono possibili in occasione di piogge intense. Le unità geologiche di tipo magmatico appartenenti alle rocce intrusive (plutoniti) sono state accorpate nel dominio litologico delle “rocce intrusive”. Nel dominio sono attese prevalentemente crolli, ribaltamenti, cadute massi e scivolamenti in roccia, più frequenti dove il substrato roccioso è più fratturato. Nel dominio sono anche frequenti e abbondanti le colate di detrito, in corrispondenza dei settori caratterizzati da intensi processi di alterazione fisica e chimica. Le unità geologiche di tipo metamorfico sono state suddivise in base al loro grado di scistosità, distinguendo un dominio delle “rocce non scistose” (gneiss, gneiss granitoidi, granuliti, migmatiti) e un dominio delle “rocce scistose” (filladi, micascisti, unità argillose e filladiche, argilloscisti, micascisti, paragneiss). Nelle rocce non scistose sono attese prevalentemente frane di crollo, cadute massi, ribaltamenti e scivolamenti in roccia, più abbondanti lungo le pareti rocciose sub-verticali. Sono anche attese colate di detrito. Nelle rocce scistose sono attesi prevalentemente scivolamenti rotazionali e traslazionali, e fenomeni complessi. Sono frequenti anche colate di detrito, crolli, cadute massi e ribaltamenti, in particolare lungo i versanti più acclivi e le pareti rocciose. Nei due domini è nota la presenza di deformazioni gravitative profonde di versante. Depositi alluvionali, alluvioni terrazzate e depositi di spiaggia sono stati accorpati nel dominio litologico delle “alluvioni e spiagge”. I depositi eolici e i depositi glaciali costituiscono gli omonimi domini litologici. In genere, in questi domini non si osservano fenomeni franosi estesi, frequenti o abbondanti. Fa eccezione il dominio dei “depositi glaciali” dove sono attesi colate di detrito e subordinatamente cadute massi e di detrito, e ribaltamenti.
Domini morfologiciDomini morfologici
La terza sezione della scheda raccoglie informazioni sui caratteri morfologici della ZA. Per la definizione dei caratteri morfologici delle ZA sono stati definiti quattro “Domini Morfologici”, rappresentati rispettivamente da (i) aree prevalentemente pianeggianti, (ii) aree prevalentemente collinari, (iii) aree prevalentemente montuose, e da (iv) laghi o ghiacciai. All’interno di ciascun dominio morfologico sono presenti caratteri morfologici e litologici tipici di altri domini morfologici, che non sono tuttavia prevalenti anche se localmente possono condizionare la franosità e la pericolosità da frana. Ad esempio, nell’ambito del dominio delle “aree prevalentemente montuose” sono localmente presenti aree collinari o pianeggianti (bacini intermontani) la cui franosità è diversa da quella tipica delle aree montuose. Allo stesso modo, all’interno del dominio delle “aree prevalentemente pianeggianti”, dove la franosità è generalmente poco presente o assente, sono localmente presenti valli fluviali incise i cui versanti, localmente anche molto acclivi, possono essere interessati da diverse tipologie di dissesto. La suddivisione in domini morfologici è avvenuta in due fasi utilizzando criteri litologici e topografici. In una prima fase, i domini morfologici sono stati definiti riclassificando e accorpando automaticamente i 16 domini litologici descritti in precedenza. La riclassificazione e l’accorpamento dei domini litologici sono stati effettuati considerando i caratteri morfologici (quote e pendenze) ricavati da un modello digitale del terreno (DEM) con una risoluzione di 20 × 20 metri disponibile dal Geoportale Nazionale (GN) del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM). I domini litologici delle rocce metamorfiche non scistose e delle rocce carbonatiche, entrambi caratterizzati da versanti prevalentemente lunghi, acclivi (25-34➦) o molto acclivi (≥ 35➦), e da rilievi con quote anche elevate, sono stati raggruppati nel dominio morfologico delle “aree prevalentemente montuose”. I domini litologici dei depositi lacustri e fluvio-lacustri, torbiditici, argillosi, marnosi e caotici, caratterizzati da versanti prevalentemente corti e con pendenze da medie (16-24➦) a basse (0-9➦), sono stati associati al dominio morfologico delle “aree prevalentemente collinari”. In una seconda fase, i domini morfologici definiti in modo automatico nella prima fase sono stati modificati per risolvere anomalie locali. L’area del Tavoliere delle Puglie, classificata nella prima fase come “area prevalentemente montuosa” perché caratterizzata dall’affioramento di rocce carbonatiche, è stata riclassificata come “area prevalentemente pianeggiante”, sulla base della prevalenza di pendenze basse o moderate. Gli edifici vulcanici dell’Etna e del Vesuvio, originariamente classificati come “aree prevalentemente collinari” perché costituite da lave, ignimbriti e piroclastiti, sono state riclassificate nel dominio delle “aree prevalentemente montuose”. Le aree dell’Appennino Ligure, dell’Appennino Tosco-Emiliano e della Lunigiana, prima incluse nel dominio delle “aree prevalentemente collinari” sulla base dell’affioramento di litologie torbiditiche, sono state incluse nel dominio delle “aree prevalentemente montuose”, per la prevalenza di quote e di pendenze elevate.
FranositàFranosità
La quarta sezione della scheda raccoglie informazioni sulla franosità nella ZA. Per la definizione delle tipologie di frana è stata utilizzata la classificazione dei movimenti franosi di Cruden & Varnes (1996). Sulla base della tipologia di movimento prevalente, le frane sono classificate come (i) scivolamenti, (ii) colate, (iii) crolli, (iv) ribaltamenti, e (v) espansioni laterali. Frane caratterizzate da due o più tipologie di movimento sono definite “complesse” se le tipologie di movimento sono presenti in tempi diversi nella frana, e “composite” se le tipologie di movimento sono presenti nello stesso tempo in aree differenti del dissesto. Nella scheda è stato anche utilizzato il termine “soil-slip” per descrivere scivolamenti superficiali che coinvolgono prevalentemente il suolo. Le frane sono state classificate come “superficiali” o “profonde”, sulla base della loro profondità, nota o presunta. Per convenzione, sono state considerate superficiali le frane con una superficie di scivolamento posta a non oltre due metri di profondità, e profonde le frane la cui superficie di scivolamento è posta a più di due metri di profondità. Le frane sono state classificate anche sulla base della loro velocità, nota o presunta. Allo scopo, si è utilizzata la classificazione proposta dal WP/WLP (1995) e da Cruden & Varnes (1996) basata su sette classi di velocità (movimento estremamente lento, molto lento, lento, moderato, rapido, molto rapido, estremamente rapido – Tabella 1). La velocità di una frana ne condiziona la capacità distruttiva. Per ogni tipologia di frana presente in una ZA, nella scheda sono indicati i meccanismi d’innesco naturali, possibili e/o prevalenti, incluse le piogge intense o prolungate, la fusione della neve, e i terremoti. I meccanismi d’innesco sono stati dedotti da conoscenze dirette di fenomeni franosi avvenuti nella ZA, informazioni storiche e d’archivio, e da valutazioni geomorfologiche. Per ogni ZA, le informazioni sulla franosità sono state ottenute analizzando diverse fonti d’informazione cartografiche, storiche e idro-meteorologiche. Tra le fonti cartografiche, due sono disponibili per l’intero territorio nazionale. Si tratta: (i) dell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (IFFI) realizzato dall’ISPRA e dalle Regioni e Province Autonome, (ii) e dei Piani per l’Assetto Idrogeologico (PAI) realizzati dalle Regioni e dalle Autorit`a di Bacino. Entrambe le fonti sono state consultate attraverso il Geoportale Nazionale (GN) del MATTM. Sono state consultate anche altre fonti cartografiche disponibili per porzioni del territorio nazionale. Si tratta in particolare di (iii) carte inventario prodotte nell’ambito dei PAI, e disponibili attraverso i portali cartografici delle Autorità di Bacino, più aggiornate, accurate e complete delle cartografie disponibili attraverso il Geoportale Nazionale, e di (iv) carte inventario delle frane realizzate dall’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica (IRPI) nell’ambito di progetti di ricerca in Abruzzo, Lombardia, Marche, Piemonte, Umbria e Sicilia.
Informazioni storicheInformazioni storiche
La quinta sezione della scheda raccoglie informazioni concernenti eventi storici di frana occorsi nella ZA nel periodo 1950-2011. Le informazioni sulla franosità storica sono state ricavate dal Sistema Informativo sulle Catastrofi Idrogeologiche (SICI), gestito da IRPI. In dettaglio, la sezione riporta: (i) la distribuzione mensile degli eventi di frana storici nel periodo, (ii) la data dei principali eventi meteo-climatici che hanno prodotto dissesti nel periodo, (iii) la data degli eventi di frana che hanno causato danni diretti alla popolazione (morti, dispersi, feriti, sfollati), e (iv) il numero totale delle vittime (morti, dispersi, feriti) prodotte da frane, nel periodo 1950-2011.
Osservazioni generaliOsservazioni generali
La sesta sezione della scheda riporta una valutazione preliminare della qualità, completezza e omogeneità delle informazioni disponibili per la ZA, inclusa una valutazione soggettiva dei contenuti informativi delle cartografie utilizzate per la compilazione della scheda. Più in particolare, la sezione contiene un’analisi delle somiglianze/differenze nella tipologia, qualità, quantità e completezza delle informazioni riportate nelle cartografie di IFFI e dei PAI. Le considerazioni sulla qualità e completezza delle informazioni sono state effettuate anche sulla base di conoscenze pregresse, acquisite da IRPI nel corso degli anni attraverso la realizzazione di studi specifici sulla franosità realizzati a diverse scale geografiche, da quella locale a quella nazionale. Nel valutare e nell’utilizzare le osservazioni riportate nella sezione, va tenuto conto che (i) il confronto fra le cartografie di IFFI e dei PAI è stato effettuato utilizzando le informazioni cartografiche disponibili attraverso il portale del progetto IFFI e il Geoportale Nazionale del MATMM per i PAI, e che (ii) le osservazioni si riferiscono all’utilizzo dei dati e delle informazioni sulla franosità a scopo di protezione civile, e in particolare a supporto della previsione del possibile innesco di frane indotte dalle piogge. Per alcune regioni sono disponibili informazioni cartografiche di IFFI e dei PAI più aggiornate – e generalmente più complete – rispetto a quelle disponibili attraverso i portali cartografici nazionali. In alcune regioni, esistono informazioni aggiuntive sulla franosità (cartografiche, storiche, ecc.) rispetto a quelle disponibili attraverso i portali cartografici nazionali e regionali. Le fonti cartografiche di IFFI e dei PAI più aggiornate, e le fonti d’informazione aggiuntive non erano a noi disponibili, e non sono state utilizzate per la valutazione della qualità e della completezza dei dati e delle informazioni sulla franosità nelle ZA. L’utilizzo di informazioni aggiuntive o diverse potrebbe portare ad una valutazione diversa della qualità e della completezza dell’informazione sulla franosità nelle ZA. Nel valutare le osservazioni riportate nella sezione, e più in generale nella scheda, va infine considerato che (i) i limiti delle ZA sono “amministrativi” (limiti regionali e provinciali) e, all’interno di ciascuna regione o provincia prevalentemente “meteo-idrologici” e “orografici”, e che (ii) le ZA rappresentano aree caratterizzate da una risposta meteo-idrologica (e non necessariamente geomorfologica) omogenea. L’estensione e la complessità fisiografica (topografica, morfologica, geologica, climatica) delle ZA ha condizionato la definizione e la descrizione delle caratteristiche della franosità e della pericolosità da frana nelle ZA.
Altre informazioniAltre informazioni
La scheda si chiude con una valutazione critica della completezza e dell’accuratezza dei dati e delle informazioni (geografiche, litologiche, morfologiche, sulla franosità, storiche) raccolte e utilizzate per la compilazione della scheda stessa. Per la valutazione della scheda è stata introdotta una classificazione di qualità, in tre classi: (i) qualità medio-bassa, per ZA caratterizzate da informazioni scarse, provenienti da fonti diverse e incerte, e da poche o nulle conoscenze dirette da parte di IRPI; (ii) qualità media, per ZA caratterizzate da informazioni provenienti essenzialmente da fonti esterne, integrate da una conoscenza diretta da parte di IRPI ritenuta buona; e (iii) qualità medio-alta, per ZA per le quali la conoscenza di IRPI è ritenuta approfondita o buona. Infine, sono indicate la versione e la data di compilazione della scheda, e i nomi del compilatore e del revisore della scheda.

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